Dollaro in calo: cresce l’incertezza tra investitori e mercati
Il dollaro continua a perdere terreno, con l’euro che ha toccato quota 1,1845 dollari, un livello che non si vedeva da circa quattro anni. La valuta statunitense si indebolisce anche nei confronti della sterlina e del dollaro australiano, mentre gli operatori attendono le decisioni della Federal Reserve, che potrebbe annunciare già oggi un taglio dei tassi di interesse.
Secondo Mohit Kumar, strategist di Jefferies, l’attenzione sarà tutta sul messaggio di Jerome Powell in conferenza stampa: “Se il presidente della Fed insisterà sui rischi inflattivi, le aspettative di un taglio deciso dei tassi potrebbero ridursi. Al contrario, un focus sull’incertezza economica rafforzerebbe le attese di una politica più accomodante”.
Crescono i dubbi sul dollaro
Il sentiment resta fragile. Un sondaggio di Bank of America segnala che il 49% dei gestori ritiene oggi il dollaro sopravvalutato, contro il 44% del mese precedente. Molti fondi mantengono infatti una posizione underweight, aspettandosi una sottoperformance della valuta nei prossimi mesi.
Questa percezione riflette non solo le attese su una Fed più morbida, ma anche la convinzione che il dollaro sia eccessivamente forte rispetto ai fondamentali economici.
Pictet: il biglietto verde resta centrale
Sul medio periodo, la lettura è meno univoca. Secondo il team Multi Asset Euro di Pictet Asset Management, il dollaro rimane la valuta dominante a livello globale, grazie alle dimensioni dell’economia americana e al suo ruolo chiave nei pagamenti e nella finanza internazionale.
Tuttavia, si registra una graduale erosione: la quota di dollari nelle riserve valutarie mondiali è scesa dal 71% del 2000 al 57% del 2024, a favore di altre divise come renminbi cinese, dollaro australiano e canadese.
Al contrario, gli altri indicatori mostrano forza: la quota di pagamenti globali in dollari è salita dal 46% del 2022 al 49% nel 2024, mentre il debito denominato in USD è tornato ai massimi dal 2008 (47%). “È difficile immaginare che il dollaro perda a breve il ruolo di valuta di riserva”, afferma Pictet, sottolineando che l’euro ha ancora limiti strutturali e lo yuan è frenato dai controlli sui capitali.
Le sfide di lungo periodo
Le minacce però non mancano: l’uso estensivo delle sanzioni americane, l’aumento del debito pubblico e la polarizzazione politica interna potrebbero ridurre la fiducia internazionale nel biglietto verde.
In questo scenario, i movimenti dei Paesi BRICS e della Cina per costruire alternative finanziarie alimentano la tendenza verso una graduale dedollarizzazione, pur destinata a richiedere anni.
Fed e mercati: l’ora della verità
Il futuro del dollaro dipenderà molto dal messaggio che arriverà dalla Fed. Un taglio deciso dei tassi potrebbe accelerare il calo della valuta, favorendo l’euro e le altre principali divise. Al contrario, una comunicazione prudente di Powell, focalizzata sull’inflazione e sulla resilienza dell’economia Usa, potrebbe limitare la pressione ribassista.
Il quadro resta quindi duplice: nel breve il dollaro è sotto pressione, ma nel lungo periodo la sua centralità nei mercati globali appare ancora ben salda, pur con nuove crepe da monitorare.
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