Settore tecnologico e guerra commerciale: chi rischia di più con i dazi USA-Cina
La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina non è soltanto un problema diplomatico, ma una seria minaccia per il settore tecnologico. Se la situazione dovesse aggravarsi, con un crescente allontanamento delle catene di approvvigionamento dalla Cina, le società tech americane sarebbero colpite duramente. Tuttavia, non tutte le aziende tecnologiche corrono gli stessi rischi.
Hardware a rischio elevato: smartphone e PC in prima linea
Tra i segmenti più vulnerabili troviamo sicuramente l’hardware, in particolare smartphone e personal computer. Per gli smartphone, il caso emblematico è quello di Apple, che attualmente assembla ancora gran parte dei suoi iPhone in Cina. La società californiana ha recentemente annunciato un piano per trasferire la maggior parte della produzione destinata al mercato americano in India entro la fine del 2026, proprio per ridurre l’esposizione al rischio dazi.
Per quanto riguarda i PC, la situazione è simile: circa il 60% delle importazioni americane di computer arriva ancora dalla Cina. Il Vietnam è un’alternativa emergente, più semplice per questa categoria di prodotti, meno tecnicamente complessi rispetto agli smartphone.
Al contrario, i server sembrano meno esposti, grazie a una catena di approvvigionamento più diversificata, con importazioni principalmente da Messico e Taiwan.
Software e sicurezza informatica più resistenti, con qualche eccezione
In questo contesto instabile, ci sono settori che potrebbero resistere meglio, come il software e la cybersecurity.
La sicurezza informatica, infatti, non solo è relativamente immune alle tariffe dirette, ma è anche destinata a beneficiare di una crescente domanda strutturale nel lungo termine. In questo ambito, Palo Alto Networks rappresenta uno dei nomi preferiti dagli analisti, grazie al suo vantaggio competitivo consolidato.
Nel settore software, aziende come Adobe e Microsoft appaiono ben posizionate, con ricavi meno esposti direttamente ai rischi tariffari e flussi di entrate più stabili. Anche aziende come Synopsys e Cadence, attive nei software per ingegneria dei semiconduttori, sembrano in grado di affrontare bene le turbolenze, anche se rimane il rischio di una minore esposizione al mercato cinese.
Chi rischia indirettamente: Shopify, Alphabet e Meta
Alcune società tecnologiche potrebbero subire danni indiretti, anche in assenza di dazi diretti sui propri prodotti. Shopify, ad esempio, potrebbe essere penalizzata da eventuali restrizioni sul commercio con la Cina, visto che molti rivenditori sulla sua piattaforma importano prodotti da lì. Secondo le stime, circa il 55% del valore lordo della merce venduta negli Stati Uniti proviene proprio da Cina e Hong Kong.
Anche Alphabet (Google) e Meta (Facebook) rischiano un calo significativo degli introiti pubblicitari, dato che molte aziende cinesi stanno già riducendo drasticamente i loro investimenti pubblicitari negli USA. Shein e Temu, per esempio, hanno già iniziato a ridurre le spese pubblicitarie, e un calo più consistente potrebbe significare minori ricavi per Meta (circa 2 miliardi di dollari) e Alphabet (circa 1 miliardo di dollari).
Mercati volatili, serve prudenza
Gli investitori devono essere pronti a navigare in acque agitate. Anche se le notizie di possibili accordi commerciali possono portare rally temporanei, la ristrutturazione radicale delle catene di approvvionamento globali richiederà tempo e avrà un costo significativo per le aziende.
Nonostante possibili incentivi governativi o riduzioni fiscali mirate, la prudenza rimane fondamentale. Anche se non dovesse esserci un drastico cambiamento immediato nelle catene produttive, le decisioni attuali potrebbero comunque spingere l’economia statunitense verso una recessione.
In conclusione, investire nel settore tecnologico richiede oggi più che mai una chiara valutazione dei rischi specifici e una strategia di diversificazione, privilegiando aziende con un solido posizionamento competitivo e minore esposizione ai rischi commerciali.
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