Private markets, Deram: “La ripresa è iniziata. Il 2026 sarà l’anno dell’equilibrio”
Il CEO di Flexstone Partners vede segnali concreti di rilancio per i mercati privati: cash flow positivi, crescita del mercato secondario e maggiore disciplina sui costi nella democratizzazione dell’asset class.
Il 2026 segnerà il ritorno all’equilibrio
Dopo un 2024 difficile per l’universo degli alternativi, segnato da tassi elevati e incertezze geopolitiche, i private markets tornano a mostrare segnali di vitalità. A sostenerlo è Eric Deram, CEO di Flexstone Partners, affiliata di Natixis Investment Managers, intervenuto all’ALFI Private Markets Event 2025 in Lussemburgo. “I flussi di cassa netti nel private equity sono tornati positivi nella prima metà del 2025, dopo cinque anni di segno negativo”, spiega Deram. “Ora vediamo non solo ottime opportunità di investimento, ma anche un ritorno di exit solide e rendimenti interessanti per i clienti.”
Il 2026, secondo l’esperto, sarà l’anno del riequilibrio tra capital call e distribuzioni, con una crescita sostenuta anche del mercato secondario, atteso oltre i 200 miliardi di dollari di volume e in espansione a doppia cifra.
Secondari e consolidamento: i driver del nuovo ciclo
Il mercato secondario è ormai parte strutturale della strategia degli investitori istituzionali, offrendo liquidità, diversificazione e visibilità sui rendimenti. Parallelamente, prosegue la tendenza al consolidamento del settore, come dimostra l’acquisizione di Unigestion da parte di Sagard.
Tuttavia, Deram non prevede una concentrazione eccessiva: “Il private equity vive nel segmento small e mid-market, dove servono specializzazione e flessibilità. I grandi operatori non possono replicare la capacità di selezione e la profondità locale di questi attori.”
Democratizzazione: opportunità e rischi
La “democratizzazione” del private equity, l’apertura degli investimenti alternativi al pubblico retail, resta una delle sfide centrali del prossimo ciclo. “Sono favorevole all’ampliamento dell’accesso,” afferma Deram, “ma con regole chiare, costi sostenibili e una gestione prudente della liquidità.”
Secondo il CEO di Flexstone, più dell’80% delle aziende mondiali è privata, e questa quota supera il 95% nel mid-market: “È quasi un dovere etico rendere questa asset class accessibile a più investitori.”
Ma i rischi non mancano: Illiquidità strutturale: servono portafogli ampi e buffer di liquidità; base retail fragile: una concentrazione eccessiva di investitori non professionali può amplificare il rischio di redemption simultanee; costi elevati: con commissioni medie già al 2% di management fee e 20% di performance fee, “non possiamo arrivare al 5% complessivo senza compromettere i rendimenti”; mancanza di expertise: “Troppi gestori tradizionali si improvvisano sugli alternativi perché è di moda. Ma questo è un mestiere che richiede esperienza e accesso.”
Le aree più promettenti secondo Flexstone Partners
Flexstone privilegia strategie diversificate e settori a bassa intensità di capitale, meno esposti alla volatilità dei prezzi: sanità, servizi finanziari, business services e in parte materie prime.
Sul piano geografico, Deram segnala una crescente attenzione all’Asia: “Molti investitori stanno riducendo l’esposizione agli Stati Uniti e rivalutando la Cina dopo anni di cautela. Credo che nel 2026 assisteremo a una progressiva riallocazione dei flussi, segno di un mercato sempre più globale.”
Prospettive: ritorno alla normalità dopo cinque anni difficili
Per Deram, la fase di transizione è ormai alle spalle: “Il private equity sta tornando a generare cash flow positivi, i secondari offrono opportunità di liquidità, e la disciplina dei costi diventerà il vero fattore competitivo nella democratizzazione. Il 2026 sarà l’anno del riequilibrio e della selettività.”
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