Pubblicato il 31 dicembre 2025 su Punti di vista sul mercato

Fisco e Big Tech ai ferri corti: la California rischia la fuga dei capitali

La California riapre il fronte dello scontro fiscale negli Stati Uniti. Una proposta di imposta straordinaria sui grandi patrimoni sta infatti accendendo il dibattito tra politica, finanza e tecnologia, con diversi protagonisti della Silicon Valley che mettono in guardia dal rischio di una nuova fuga di capitali e talenti verso Stati con una pressione fiscale più leggera.

Una tassa una tantum sui super-ricchi

La misura, promossa dal sindacato Service Employees International Union–United Healthcare Workers West, prevede un prelievo del 5% una tantum sui patrimoni superiori a 1 miliardo di dollari per i residenti californiani. L’obiettivo dichiarato è compensare eventuali riduzioni dei finanziamenti federali al sistema sanitario dello Stato. Anche se il provvedimento è ancora in fase preliminare e dovrebbe eventualmente passare al vaglio di un referendum popolare nel novembre 2026, l’annuncio è bastato a scatenare reazioni forti tra imprenditori e investitori.

I big tech alzano la voce

Tra i critici più espliciti c’è Palmer Luckey, fondatore della società di difesa tecnologica Anduril. Secondo Luckey, una tassa di questo tipo costringerebbe molti fondatori a liquidare quote rilevanti delle proprie aziende per far fronte al pagamento, con effetti destabilizzanti sull’ecosistema dell’innovazione. L’imprenditore ha ricordato di aver già versato centinaia di milioni di dollari in imposte dopo la vendita della sua prima azienda e di aver reinvestito il capitale rimanente per costruire un gruppo che oggi dà lavoro a migliaia di persone. Una nuova tassa straordinaria, sostiene, rappresenterebbe un freno diretto alla crescita. Secondo quanto riportato dal New York Times, anche figure di primo piano come Peter Thiel e Larry Page starebbero valutando di ridurre il proprio legame fiscale con la California.

Miliardi in bilico e rischio delocalizzazione

Se approvata, la tassa si applicherebbe retroattivamente ai residenti californiani al 1° gennaio 2026. Per un patrimonio da 20 miliardi di dollari, il conto ammonterebbe a circa 1 miliardo, pagabile in cinque anni. Nel caso di Thiel, il cui patrimonio è stimato oltre i 27 miliardi, l’esborso supererebbe 1,2 miliardi di dollari. Numeri che alimentano il timore di un trasferimento verso Stati come Texas o Florida, già protagonisti negli ultimi anni di un afflusso di imprenditori e capitali. Anche Bill Ackman, fondatore di Pershing Square, ha criticato duramente l’iniziativa, definendo la California “avviata verso l’autodistruzione” e avvertendo che l’uscita dei contribuenti più produttivi rischia di ridurre, anziché aumentare, il gettito fiscale.

Newsom frena, ma il tema resta aperto

Sul dossier è intervenuto anche il governatore Gavin Newsom, che ha espresso scetticismo sulla tassa, invitando però a non banalizzare il tema delle disuguaglianze di ricchezza. La sua posizione riflette un equilibrio complesso: finanziare servizi pubblici essenziali senza compromettere l’attrattività di uno Stato che ha costruito il proprio successo sulla concentrazione di capitale umano, innovazione e investimenti.

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