Fed, attesa sui tassi: Powell resiste alle pressioni di Trump
La Federal Reserve si prepara a una delle riunioni più delicate degli ultimi anni, con gli analisti convinti che i tassi di interesse rimarranno invariati anche questa volta. Ma la vera attenzione sarà concentrata sul clima interno alla banca centrale americana e sul difficile rapporto tra il suo presidente, Jerome Powell, e il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
Powell vs Trump: una battaglia politica sulla Fed
Donald Trump ha ripetutamente chiesto a Powell di abbassare i tassi di almeno tre punti percentuali, criticandone aspramente la lentezza e arrivando persino a invitare il presidente della Fed a dimettersi. Non è una novità: già durante il primo mandato presidenziale, Trump aveva attaccato Powell (che egli stesso nominò nel 2018), definendolo addirittura “un incapace” nel 2019.
Powell, tuttavia, ha sempre mantenuto una posizione di riservata indipendenza, evitando di rispondere direttamente alle accuse del presidente, e ribadendo che decisioni avventate sui tassi potrebbero avere effetti indesiderati, come una ripresa dell’inflazione, specialmente nell’attuale contesto di politiche commerciali aggressive condotte dalla Casa Bianca.
Perché Trump non può rimuovere facilmente Powell
Nonostante le pressioni, la rimozione del presidente della Fed non è un compito semplice. Secondo una legge del 1913, Trump potrebbe teoricamente licenziare Powell solo per “giusta causa”. Tuttavia, questa motivazione non può includere divergenze sulla politica monetaria, poiché ciò comprometterebbe l’autonomia della banca centrale, elemento cardine della sua credibilità a livello globale.
Gli analisti prevedono tassi invariati
Al di là delle tensioni politiche, sul piano operativo, gli analisti concordano ampiamente sul fatto che il FOMC manterrà il tasso sui fondi federali fermo tra il 4,25% e il 4,50%. Lo scorso giugno la Fed aveva già deciso di lasciare invariati i tassi per la quarta riunione consecutiva, in attesa di maggiore chiarezza sull’evoluzione economica e sull’andamento dell’inflazione.
Secondo Erik Weisman, chief economist di MFS IM, l’interesse del meeting risiederà non nella decisione sui tassi – “praticamente scontata” – ma nelle dinamiche interne della Fed. Powell potrebbe dover gestire dissensi interni, potenzialmente accentuati dalle pressioni esterne della Casa Bianca.
Dissensi interni e futuro della Fed
Vincent Reinhart, chief economist di BNY Investments, prevede che “il FOMC manterrà invariato il range dei tassi, lasciando che si sgonfino le aspettative del mercato circa un possibile taglio già a settembre. Al momento, il mercato attribuisce circa il 60% di probabilità a una riduzione dei tassi nella riunione di settembre, ma noi riteniamo più probabile un taglio da 25 punti base solo a dicembre”.
Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia, aggiunge però che nella riunione potrebbero emergere dissensi significativi. In particolare, Michelle Bowman e Christopher Waller, governatori della Fed, potrebbero esprimere voto contrario, chiedendo formalmente un taglio immediato del costo del denaro.
“Un tale scenario sarebbe eccezionale”, sottolinea Diodovich, “perché normalmente i dissensi interni nel board sono rari, specialmente tra i governatori. Due voti contrari sarebbero un segnale esplicito di tensioni interne sulla direzione della politica monetaria e della crescente pressione politica esterna”.
Le preoccupazioni economiche dietro la richiesta di tagli
Bowman e Waller sono notoriamente vicini alle idee del presidente Trump, sostenendo una politica monetaria più accomodante, simile a quella recentemente adottata dalla BCE. La loro posizione è motivata da evidenti preoccupazioni per il rallentamento della domanda interna, un indebolimento del mercato del lavoro e una dinamica dei prezzi in rallentamento, nonostante rimanga ancora al di sopra dell’obiettivo ufficiale.
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