Dollaro USA in calo: rischio Plaza Accord o semplice correzione?
La recente debolezza del dollaro statunitense sta facendo discutere gli analisti internazionali e preoccupare gli investitori, riaprendo il dibattito su un possibile scenario simile al celebre Plaza Accord del 1985, quando un accordo multilaterale provocò una drastica svalutazione della valuta americana. Tuttavia, secondo Xueming Song, currency strategist di DWS, oggi il contesto è significativamente diverso e un crollo improvviso del biglietto verde appare improbabile.
Il dollaro resta dominante, ma cresce l’incertezza
Con scambi giornalieri superiori a 7.500 miliardi di dollari e oltre il 58% delle riserve valutarie globali, il dollaro continua a essere la valuta centrale nel sistema finanziario mondiale. Tuttavia, il recente calo del 10% registrato dall’inizio del 2025 rispetto a un paniere di valute (indice DXY) ha fatto emergere dubbi sulla sostenibilità del suo ruolo e alimentato speculazioni su un possibile declino più marcato.
Plaza Accord del 1985: cosa accadde realmente
Per comprendere meglio la situazione attuale, è utile il confronto con il Plaza Accord del 1985. All’epoca, la combinazione tra politiche monetarie restrittive della Federal Reserve e un’espansione fiscale significativa da parte dell’amministrazione Reagan spinsero il dollaro ad apprezzarsi del 44% in soli cinque anni. Questa forza penalizzò pesantemente l’industria manifatturiera americana e fece esplodere il deficit commerciale degli Stati Uniti. Per contrastare questi squilibri, Stati Uniti, Giappone, Germania Ovest, Francia e Regno Unito concordarono di intervenire sui mercati valutari, provocando un deprezzamento del 40% del dollaro in circa due anni.
Analoghe preoccupazioni oggi, ma con differenze decisive
La situazione odierna presenta alcuni parallelismi, soprattutto nel tentativo da parte degli Stati Uniti di rilanciare l’industria domestica e ridurre il disavanzo commerciale. Inoltre, banche centrali di vari Paesi stanno effettivamente diversificando le proprie riserve valutarie, diminuendo l’esposizione al dollaro in favore di euro, oro e yuan cinese.
Tuttavia, l’analisi pubblicata da DWS, intitolata “Indebolimento del dollaro: l’inizio di una tendenza?”, sottolinea una differenza fondamentale: l’assenza di una strategia coordinata a livello internazionale. Senza un accordo come quello di Plaza, il deprezzamento del dollaro è dettato principalmente da dinamiche di mercato e fattori geopolitici, e non da politiche economiche concertate.
Niente crolli improvvisi, ma una graduale discesa
Secondo Song, al momento “non ci sono rischi concreti di una svalutazione massiccia e repentina”. Il dollaro USA gode ancora di indiscutibili punti di forza, come la liquidità e profondità dei mercati finanziari americani e il ruolo imprescindibile della valuta nella finanza internazionale. “Non c’è oggi un’alternativa credibile al dollaro come valuta di riserva globale”, ribadisce l’analista.
DWS prevede dunque per il futuro prossimo un indebolimento graduale e controllato del dollaro, guidato più da scelte di portafoglio degli investitori internazionali e dalle continue tensioni politiche interne agli Stati Uniti che da un crollo determinato da fattori macroeconomici strutturali.
L’euro guadagna terreno, ma non è pronto a rimpiazzare il dollaro
Nel primo semestre 2025, l’euro ha già guadagnato circa il 13% contro il dollaro, beneficiando proprio dell’incertezza che circonda la valuta americana. Tuttavia, gli esperti escludono che la moneta unica possa rapidamente assumere il ruolo dominante del biglietto verde. Più probabile una diversificazione generalizzata, con euro, yuan e oro in grado di trarre vantaggio nel lungo periodo, ma senza destabilizzare drasticamente gli equilibri finanziari globali.
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