Allontanamento Fed-BCE: cosa significa per i mercati
Le politiche monetarie di Stati Uniti ed Europa stanno prendendo strade sempre più diverse. Mentre la Federal Reserve americana mantiene prudenza, lasciando invariati i tassi al 4,25%-4,5%, la Banca Centrale Europea continua a ridurre il costo del denaro, portandolo al 2,65%. Questo divario tra le due principali banche centrali del mondo si fa sempre più ampio e potrebbe avere conseguenze significative sui mercati.
Secondo Angelo Baglioni, docente di Economia Monetaria all’Università Cattolica, la BCE probabilmente procederà con altri tagli nei prossimi mesi. La presidente Christine Lagarde ha dichiarato che la politica monetaria europea è diventata meno restrittiva, ma ha lasciato intendere che potrebbero esserci ulteriori margini di intervento, dato l’obiettivo di riportare l’inflazione verso il 2% entro il 2025.
La prudenza della Fed e l’incognita Trump
Dall’altra parte dell’oceano, la situazione è diversa. La Federal Reserve è cauta, poiché l’economia statunitense resta robusta e l’inflazione rimane alta. Inoltre, le politiche commerciali introdotte dall’amministrazione Trump complicano ulteriormente lo scenario. I dazi doganali potrebbero spingere al rialzo l’inflazione americana, rendendo difficile per la Fed abbassare i tassi.
Baglioni sottolinea che “la politica dei dazi porta inevitabilmente a un aumento dei prezzi interni. Da quando Trump è stato eletto, la Fed ha adottato un atteggiamento di maggiore prudenza per non peggiorare la situazione”.
Cambio euro-dollaro e rischi di inflazione importata
Con questa divergenza monetaria, il dollaro potrebbe rafforzarsi rispetto all’euro. Tuttavia, per ora il mercato dei cambi non ha reagito drasticamente, complice una comunicazione politica spesso contraddittoria da parte degli USA. “Ogni giorno assistiamo ad annunci opposti sui dazi verso Messico, Canada ed Europa”, precisa Baglioni. “Finché la politica commerciale resterà incerta, i movimenti sul mercato valutario saranno contenuti.”
Se però gli Stati Uniti adottassero definitivamente una politica commerciale aggressiva, l’euro potrebbe indebolirsi, aumentando il costo delle importazioni europee. Questo fenomeno, chiamato “inflazione importata”, potrebbe mettere sotto pressione la BCE, ma secondo Baglioni, non al punto da farle cambiare direzione.
Gli impatti sui mercati
La domanda principale degli investitori è: come reagiranno i mercati finanziari a questa divergenza? In realtà, secondo l’esperto, il mercato ha già scontato gran parte degli effetti previsti. “In Europa le decisioni della BCE ormai non sorprendono più. E Wall Street ha già assorbito la prudenza della Fed. I veri rischi per i mercati oggi sono altri: l’andamento delle trattative commerciali, i profitti aziendali e soprattutto le tensioni geopolitiche.”
Gli scenari più negativi
Cosa potrebbe andare storto? Baglioni non ha dubbi: “Le variabili più critiche sono le trattative sulle guerre in corso, come quella in Ucraina. Un peggioramento potrebbe spingere ancora più in alto i prezzi dell’energia. E poi c’è la questione dazi. Se Trump decidesse di intensificare la guerra commerciale, le conseguenze per l’economia globale e per i mercati finanziari potrebbero essere molto pesanti”.
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