Tasso “neutrale”: cos’è e perché è importante?
Un dialogo con Ugo Montrucchio, Head of Multi-asset Investments di Schroders, su quale sia il livello strutturalmente ideale per il costo del denaro ora che le banche centrali si preparano a inaugurare la stagione dei tagli
La Banca Centrale Europea ha iniziato a tagliare i tassi d’interesse e, inflazione permettendo, Federal Reserve e Bank of England potrebbero seguire lo stesso percorso nel corso dell’anno. In questo momento si parla molto del cosiddetto tasso “neutrale” di interesse. Ma che cos’è e perché è così rilevante per gli investitori? Ne abbiamo parlato con Ugo Montrucchio, Head of Multi-asset Investments di Schroders.
Partiamo proprio con la definizione di tasso “neutrale” d’interesse: di cosa si tratta?
Il tasso neutrale è quel tasso teorico d’interesse che non è né troppo restrittivo né troppo accomodante, e che consente a crescita e inflazione di rimanere su un percorso stabile e prevedibile. Ovviamente la politica monetaria delle banche centrali viene influenzata da molte considerazioni, e i tassi di interesse non seguono un percorso lineare verso il tasso neutrale. Inoltre, stimare e modellare questo tasso è estremamente difficile, anche perché si tratta di una variabile non osservabile.
Proviamo a fare un passo indietro: cosa sono esattamente i tassi d’interesse, e come funzionano?
Il tasso d’interesse determina il costo di un prestito di denaro o il rendimento di un investimento. Quando i tassi di interesse aumentano, prendere denaro in prestito diventa più costoso, e questo può avere una serie di effetti sugli investimenti. I tassi più alti rendono meno attraenti le cedole fisse dei bond esistenti, facendoli scendere di prezzo. Inoltre, con i tassi elevati per le società diventa più costoso prendere soldi in prestito e ciò ne riduce la profittabilità, con conseguente perdita di valore delle azioni. I tassi più alti fanno anche aumentare il costo dei mutui, riducendo la domanda di case e quindi il loro prezzo. Infine, tassi maggiori in un determinato Paese rendono più attraente investire nella valuta di quel Paese, provocandone solitamente un apprezzamento. Quando i tassi scendono, gli effetti sono invertiti.
Qual è stato il percorso dei tassi di interesse nella storia recente?
Nel periodo successivo alla grande crisi finanziaria e precedente alla pandemia, ci sono stati tassi di interesse molto bassi, addirittura negativi per 8 anni in Europa. Questo ha portato a un’ampia diffusione di business orientati alla crescita che bruciavano capitale pur di acquisire quote di mercato, perché come abbiamo appena detto con i tassi bassi prendere soldi in prestito diventa praticamente a costo zero. Negli ultimi anni i Fed Funds hanno raggiunto il loro minimo di 2.25-2.50% nel 2019, dopo un 5.25% prima della grande crisi finanziaria e un 6.50% prima della bolla delle Dotcom nel 2000.
E qual è la situazione di oggi?
Il panorama economico attuale è molto diverso rispetto all’era post crisi finanziaria. I tassi USA hanno sorpassato il livello del 2019 di più del doppio, e praticamente in tutti i Paesi del mondo i tassi sono alti. In questo nuovo contesto i business precedentemente citati, cresciuti grazie al capitale preso in prestito a costo quasi zero, hanno iniziato a fallire. In generale, sono state punite le allocazioni poco efficienti di capitale. Lo scorso giugno, però, la BCE ha annunciato il suo primo taglio dei tassi, portando il tasso sui depositi al 3,75%. Inoltre, l’attuale resilienza dell’economia americana suggerisce che il livello del tasso neutrale possa essere sopra il 2,5% stimato dalla FED nel regime economico precedente al Covid-19. Siccome i tassi di interesse incorporano il tasso neutrale, più le variazioni per modificare l’andamento della crescita e dell’inflazione, questo implica un tasso di interesse strutturalmente più elevato: per questo si parla di “higher for longer” cioè tassi più alti, più a lungo.
Che cosa ha guidato questo innalzamento del tasso neutrale, e più nello specifico del tasso reale neutrale? Quali sono le prospettive per il futuro?
Il tasso reale neutrale è determinato dall’incontro della domanda e dell’offerta di risparmio. Se consideriamo quello che in Schroders chiamiamo il “3D reset”, ossia cambiamenti nell’economia globale legati a decarbonizzazione, demografia e deglobalizzazione, possiamo osservare come quest’ultima possa avere invertito il “global savings glut”, ossia un eccesso di offerta di risparmio, che aveva contribuito alla discesa del tasso neutrale nei primi anni duemila. All’epoca la globalizzazione era all’apice e la Cina stava trasferendo i proventi della sua crescita guidata dall’export negli USA, inondandoli di risparmio. Inoltre, una maggiore produttività legata all’Intelligenza Artificiale ed investimenti nella transizione energetica sostenuti da sussidi statali potrebbero ulteriormente incrementare la domanda di risparmi/investimenti e portare ad un tasso neutrale più alto.
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