Inflazione Sotto le Aspettative e le Prospettive della BCE secondo i Gestori
Eurozona: A marzo l’inflazione rallenta al 2,4%. Anche il dato core registra un calo, ma i prezzi dei servizi restano stabili. Holzmann mette in guardia sulla Fed. Gli analisti prevedono un taglio a giugno e alcune sorprese la prossima settimana.
Il quadro per il primo taglio dei tassi nell’Eurozona a giugno sembra completo, con l’ultimo dato sull’inflazione che ha sorpassato le aspettative. Il calo dell’inflazione a marzo al 2,4% rispetto al 2,6% di febbraio, insieme alla stabilità della disoccupazione al 6,5%, rafforzano l’ipotesi di un imminente abbassamento del costo del denaro da parte della BCE. Mentre le possibilità di un intervento il 11 aprile sono scarse, circa il 10%, i mercati si aspettano un taglio a giugno, con ulteriori riduzioni previste entro fine anno.
L’inflazione dei prezzi al consumo è stata influenzata principalmente da generi alimentari, energia e beni industriali, con un aumento mensile dello 0,8%. Tuttavia, l’indice core, seguito attentamente dalla BCE per valutare le pressioni inflazionistiche, è sceso al 2,9% dal 3,1% precedente. L’unica preoccupazione potrebbe derivare dall’inflazione dei servizi, costantemente al 4% da sei mesi, suggerendo che la dinamica salariale continua a mantenere i prezzi sotto pressione in questo settore.
Il governatore della banca centrale austriaca, Robert Holzmann, ha espresso cautele sull’ipotesi di un taglio dei tassi a giugno, avvertendo sul possibile impatto negativo sulle importazioni a causa del deprezzamento dell’euro. Gli investitori guardano anche alla Federal Reserve, con una certa incertezza sulle prossime mosse dopo gli ultimi dati macroeconomici.
Secondo Ulrike Kastens, economista di Dws, la BCE dovrebbe rimanere in attesa nella prossima riunione di giovedì. I dati su generi alimentari e inflazione di fondo sono positivi, ma i prezzi dei servizi rimangono elevati. Lagarde probabilmente confermerà il tasso di interesse al 4% giovedì, ma potrebbe indicare un taglio a giugno, considerando la persistente incertezza sulla dinamica salariale e l’obiettivo d’inflazione del 2%.
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