Pubblicato il 12 dicembre 2025 su Punti di vista sul mercato

Tre errori di investimento che possono costare caro nel 2026

Il 2025 ha ricordato agli investitori quanto i mercati possano essere imprevedibili. Rally improvvisi, rotazioni settoriali violente e narrazioni dominanti hanno premiato alcuni e spiazzato molti altri. Guardando al 2026, il rischio più grande non sembra tanto legato a uno specifico shock macroeconomico, quanto a errori di approccio che potrebbero compromettere i rendimenti nel medio periodo.

Tra entusiasmo per l’intelligenza artificiale, crescente accesso ai mercati privati e disaffezione verso asset “impopolari”, emergono tre trappole ricorrenti che meritano attenzione.

1. Pensare che le regole tradizionali non valgano per i mercati privati

Negli ultimi anni i mercati privati sono usciti dalla nicchia degli investitori istituzionali per entrare progressivamente nei portafogli retail evoluti. Fondi di private equity, private credit ed ELTIF vengono sempre più spesso presentati come strumenti capaci di offrire rendimenti più stabili e una volatilità inferiore rispetto ai mercati quotati.

Secondo Nicolò Bragazza, associate portfolio manager di Morningstar Wealth, questa percezione va maneggiata con cautela.
“L’attrattiva dei mercati privati si basa su due promesse: una in gran parte vera e l’altra potenzialmente fuorviante. La prima è l’ampliamento dell’universo investibile; la seconda è la riduzione del rischio”, spiega.

L’accesso a società non quotate e a forme di credito alternative rappresenta senza dubbio un vantaggio in termini di diversificazione. Il rischio nasce però quando la minore volatilità osservata viene interpretata come sinonimo di minore rischio reale. Questo fenomeno, noto come volatility laundering, dipende spesso dal fatto che le valutazioni dei private asset non sono aggiornate quotidianamente.

In realtà, molte società target del private equity sono più piccole e più indebitate, mentre il private debt finanzia debitori con accesso limitato ai mercati tradizionali. Il rischio non scompare: semplicemente non viene misurato con la stessa frequenza. La diversificazione resta utile, ma non elimina il rischio di perdite, soprattutto in fase di uscita o di stress di mercato.

2. Etichettare gli asset impopolari come “non investibili”

Un altro errore comune è confondere la scarsa popolarità con la non investibilità. Nel 2025, ad esempio, i fondi ed ETF sull’azionario cinese hanno registrato forti deflussi, superiori ai 2 miliardi di euro nella categoria Morningstar China Equity – A Shares. Eppure, dall’inizio del 2024, le azioni cinesi hanno messo a segno un rialzo del 56,5%, superando persino l’azionario statunitense.

“Quando qualcosa viene definito ‘non investibile’, spesso è un invito ad approfondire, non a scartare”, osserva Bragazza. Dietro un consenso negativo possono nascondersi opportunità interessanti, soprattutto quando le valutazioni sono depresse e le aspettative molto basse.

Negli ultimi anni i riflettori si sono concentrati quasi esclusivamente sull’AI e sulle Big Tech statunitensi. Chi ha saputo ignorare il rumore mediatico, accettare la volatilità e mantenere una visione contrarian su mercati come la Cina è stato premiato. I flussi di raccolta, ancora una volta, si sono dimostrati un indicatore poco affidabile dei rendimenti futuri.

3. Essere troppo ottimisti sull’intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale è stata il motore dominante dei mercati azionari dal 2024. Un gruppo ristretto di titoli – tra cui Nvidia, Microsoft, Amazon, Meta, Alphabet e Broadcom – è passato dal rappresentare meno del 10% a quasi il 30% dell’indice Morningstar US Target Market Exposure.

Questo significa che anche gli investitori apparentemente ben diversificati sono oggi fortemente esposti alla narrativa AI. Il rischio non è tanto che l’AI fallisca, quanto che le aspettative siano già incorporate nei prezzi.

“Ogni grande innovazione divide gli investitori in tori e orsi, con posizioni spesso estreme”, osserva Bragazza. Prendere una posizione netta può sembrare rassicurante, ma comporta rischi elevati, soprattutto in una fase in cui il pieno impatto economico dell’AI resta ancora incerto.

Un approccio più equilibrato consiste nel riconoscere il potenziale strutturale della tecnologia, evitando però di ignorare le valutazioni. Anche un trend destinato a cambiare il mondo può trasformarsi in un cattivo investimento se pagato a un prezzo eccessivo.

Guardare al 2026 con disciplina

Il filo conduttore di questi tre errori è lo stesso: confondere narrazione e realtà. Mercati privati, intelligenza artificiale e asset impopolari possono essere grandi opportunità o grandi trappole, a seconda di come vengono affrontati.

Come ricorda Bragazza, “anche quando la crescita è innegabile, un investimento è valido solo se ha un prezzo ragionevole”. Nel 2026, più che inseguire le mode, la vera sfida per gli investitori sarà mantenere disciplina, diversificazione reale e una lettura critica dei rischi.

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