Oro fisico o azioni minerarie? Dove conviene investire nel 2025
Il rally dell’oro prosegue senza sosta, ma nel 2025 sono state le azioni delle società minerarie aurifere a sorprendere gli investitori con performance superiori al metallo fisico. Una dinamica che riaccende il dibattito: meglio puntare sull’oro come bene rifugio o sfruttare la leva delle aziende del settore?
Oro fisico: stabilità e protezione
Dall’inizio dell’anno il prezzo spot dell’oro ha guadagnato oltre il 40% in dollari e circa il 26% in euro tramite gli ETC, strumenti quotati che replicano l’andamento del metallo senza doverne detenere fisicamente le riserve. L’oro continua a rappresentare una forma di protezione contro incertezza politica e turbolenze economiche, offrendo un rendimento direttamente collegato al prezzo della commodity.
Azioni minerarie: rendimento più alto ma anche più rischio
Se l’oro fisico ha brillato, le azioni minerarie hanno fatto ancora meglio. Gli ETF che raccolgono i principali estrattori – come Newmont, Agnico Eagle e Barrick Gold – hanno registrato rialzi compresi tra l’86% e il 107% dall’inizio del 2025. La ragione è semplice: i margini di profitto delle società minerarie sono fortemente sensibili alle oscillazioni dell’oro. Quando il prezzo sale, i ricavi delle aziende aumentano in misura più che proporzionale, amplificando i guadagni in Borsa.
Secondo Nicolò Bragazza di Morningstar Wealth, “le azioni delle società aurifere possono essere considerate una scommessa sui prezzi dell’oro, grazie alla leva operativa che moltiplica l’effetto delle variazioni del metallo sui margini”.
Differenze strutturali tra oro e titoli del mining
Sebbene entrambe le asset class siano naturalmente collegate allo stesso metallo, oro fisico e titoli minerari presentano differenze strutturali che le portano a svolgere ruoli complementari all’interno di un portafoglio. Da un lato, l’oro fisico agisce come un bene rifugio per eccellenza: la sua caratteristica principale è la decorrelazione dai movimenti dei mercati azionari, che lo rende un pilastro per la diversificazione e la protezione durante i periodi di turbolenza. Dall’altro lato, le azioni minerarie rappresentano un investimento di tipo più speculativo; incorporano infatti i rischi d’impresa e di mercato, ma in cambio offrono un potenziale di redditività superiore, arricchito dalla possibilità di generare flussi di cassa aggiuntivi attraverso i dividendi e i buyback.
A completare il quadro, un ulteriore fattore da tenere in considerazione è l’effetto valuta. Ad esempio, l’apprezzamento dell’euro rispetto al dollaro ha avuto un impatto tangibile sui rendimenti degli strumenti come gli ETC quotati in Europa, contribuendo ad accentuare ulteriormente le differenze di performance tra queste due opzioni di investimento.
Le prospettive per i prossimi mesi
Il prezzo dell’oro ha toccato un nuovo massimo storico di 3.660 dollari l’oncia a settembre 2025, segnando oltre 30 record da inizio anno. A sostenere il rally sono le attese di una seconda ondata di allentamento monetario da parte della Federal Reserve, che ridurrebbe ulteriormente i tassi di interesse e indebolirebbe il dollaro. Mark Haefele, CIO di UBS Global Wealth Management, stima che l’oro possa arrivare a 3.900 dollari l’oncia entro metà 2026, grazie a un contesto di dollaro debole e politiche monetarie più accomodanti.
In sintesi: quale scegliere?
La risposta sta nel profilo dell’investitore. L’oro fisico, con la sua solidità tangibile, è la risposta per chi cerca un approccio prudente, volto alla protezione e all’equilibrio. Dall’altra parte abbiamo le azioni minerarie, che sono invece strumenti più dinamici e volatili, adatti a chi è disposto ad accettare rischi più elevati pur di inseguire rendimenti potenzialmente superiori e beneficiare anche della distribuzione di dividendi.
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