Pubblicato il 12 agosto 2025 su Punti di vista sul mercato

Dove investono i grandi gestori? La ricerca di alternative oltre i Magnifici 7

I mercati stanno cambiando pelle. Dopo anni di dominio incontrastato delle big tech americane, i fondi d’investimento iniziano a cercare nuove strade. I dati sui flussi finanziari raccontano una storia chiara: gli asset stanno migrando verso l’Europa, i mercati emergenti e il reddito fisso, mentre i titoli statunitensi – soprattutto quelli a grande capitalizzazione – registrano deflussi significativi.

Ma cosa sta spingendo questo cambiamento negli allocamenti? E soprattutto, dove si stanno spostando i capitali?

Addio TINA: le alternative ci sono (e l’Europa sorprende)

Per anni il mantra è stato “There Is No Alternative” (TINA): niente batte le azioni statunitensi, soprattutto i colossi tecnologici. Oggi, però, il panorama è diverso. Le banche europee hanno sovraperformato la tecnologia americana negli ultimi tre anni, alcuni mercati emergenti mostrano segnali di ripresa grazie a politiche economiche mirate, mentre oro e materie prime tornano a brillare come asset rifugio. “Non sto dicendo che sia finita l’era dell’eccezionalismo americano – spiega un analista – ma gli investitori stanno aprendo gli occhi su altre opportunità.”

Magnifici 7: ancora dominanti, ma non più invincibili

Nvidia, Microsoft e le altre big tech restano giganti, ma i gestori iniziano a interrogarsi sulla sostenibilità dei loro tassi di crescita. Ci si chiede se questi possano davvero mantenersi a lungo, perché società come Alphabet e Apple siano rimaste indietro nella corsa all’intelligenza artificiale e quanto il racconto mediatico sulla tecnologia pesi più dei fondamentali reali. “La selezione dei titoli conta più che mai – osserva un esperto – non basta più comprare l’intero gruppo: serve capire chi vincerà la prossima fase.”

Il dilemma dei gestori attivi: seguirli o evitarli?

Qui nasce il problema. I Magnifici 7 rappresentano una porzione enorme dell’S&P 500, con Nvidia che da sola pesa oltre il 7%. Se un fondo non li sovrappesa, rischia di sotto-performare rispetto al benchmark; ma se li sovrappesa troppo, perde diversificazione. “È un equilibrio delicato – ammette un portfolio manager – bisogna chiedersi se questa tendenza durerà ancora cinque anni o se il mercato l’ha già prezzata.”

Dove si cercano le nuove opportunità?

I capitali si stanno muovendo verso l’Europa, dove banche e settori ciclici mostrano segnali di ripresa, e verso mercati emergenti selezionati, non più considerati un blocco unico ma distinti in base alla stabilità delle politiche economiche. Cresce l’interesse per il reddito fisso, grazie ai tassi più alti che rendono obbligazioni e corporate bond più attraenti, mentre le materie prime – dall’oro al rame – tornano in primo piano anche per effetto delle tensioni geopolitiche.

La vera sfida: diversificare in un mondo polarizzato

La lezione è chiara: il mercato non è più una partita tra due sole squadre, Stati Uniti contro resto del mondo. Oggi servono analisi più dettagliate, capaci di distinguere le specificità dei singoli mercati emergenti, il coraggio di puntare su aree ignorate per anni come l’Europa e la flessibilità necessaria a ribilanciare i portafogli se la narrativa dovesse cambiare. “La diversificazione è più difficile che mai – conclude un strategist – ma è anche più necessaria.”


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