Quanto potrà ancora indebolirsi il dollaro USA?
Dopo il peggior semestre degli ultimi decenni, il dollaro americano continua a perdere terreno. E gli analisti si interrogano su quanto ancora possa scendere, alla luce delle incertezze economiche e politiche che gravano sugli Stati Uniti.
Un crollo storico nel primo semestre 2025
Il primo semestre dell’anno ha segnato una caduta dell’11% dello US Dollar Index, che misura la forza del biglietto verde rispetto alle sei principali valute mondiali. Si tratta del peggior avvio d’anno dal 1973 e del semestre più debole dal 1991. La causa? Crescenti dubbi sulla sostenibilità fiscale americana, sulla credibilità della politica monetaria della Fed e su un clima politico interno altamente instabile.
Il clima di sfiducia allontana gli investitori
Secondo Jan Viebig, CIO di ODDO BHF, la combinazione tra debito pubblico crescente, spinta a una politica monetaria accomodante e minacce di nuove imposte “di ritorsione” da parte della Casa Bianca ha minato la fiducia degli investitori internazionali. Di conseguenza, molti stanno riducendo le posizioni in dollari e spostando capitali verso asset considerati più sicuri, come l’oro o l’euro.
Anche Monika Calay (Morningstar) conferma il trend: “Le banche centrali, in particolare quella cinese, hanno aumentato le riserve d’oro in modo significativo, con oltre 326 miliardi di dollari investiti in ETP sull’oro”.
La discesa è finita? Non ancora, secondo gli analisti
Hong Cheng (Morningstar) ritiene che il dollaro abbia ancora margini di discesa nel breve termine, a causa della debolezza della crescita USA e di politiche monetarie più espansive altrove. Claudio Wewel (J. Safra Sarasin) avverte che un dollaro più debole combinato con l’aumento delle tariffe sulle importazioni potrebbe penalizzare la domanda interna.
Peter Kinsella (UBP) sottolinea invece che le strategie di copertura e ribilanciamento dei portafogli internazionali stanno contribuendo a esercitare una pressione costante sul dollaro.
Euro: la valuta più forte del G10 nel primo semestre
L’euro si è apprezzato sensibilmente, trainato dalla debolezza del dollaro e da aspettative di maggiore stabilità politica e fiscale. Secondo ING, l’EUR/USD potrebbe salire a 1,20 entro fine anno e raggiungere 1,25 nel 2026, se l’UE dovesse progredire con un piano comune sul debito.
Sterlina: in salita rispetto al dollaro, ma attenzione ai rischi
La GBP ha guadagnato oltre l’8% contro il dollaro da inizio anno. Tuttavia, l’incertezza politica britannica e i segnali contrastanti sull’inflazione potrebbero frenare ulteriori rialzi. “La Bank of England ha margini di manovra limitati per nuovi tagli dei tassi”, commenta Wewel.
Yen giapponese: forte inizio, poi pausa di riflessione
Lo yen ha guadagnato valore nel primo semestre, ma la mancanza di un accordo commerciale con gli Stati Uniti e la prudenza della Bank of Japan stanno frenando nuovi rialzi. Secondo Kinsella, il cambio USD/JPY potrebbe stabilizzarsi tra 144 e 147.
Franco svizzero: lo scudo dell’incertezza globale
Il franco svizzero ha registrato il più forte apprezzamento tra le valute del G10. Secondo Wewel, la BNS (Banca Nazionale Svizzera) è vicina alla fine del ciclo di tagli dei tassi e si concentrerà sul contenimento della forza della valuta rispetto all’euro, più che al dollaro.
Yuan cinese: sostenuto dalle ambizioni strategiche di Pechino
La Cina ha ridotto l’esposizione al dollaro, spingendo le proprie banche a finanziare economie emergenti in yuan. JPMorgan prevede che il cambio USD/CNY possa scendere fino a 7,10 entro metà 2026. Tuttavia, la Banca Popolare Cinese non favorirà un eccessivo apprezzamento della propria valuta, viste le fragilità della domanda interna.
Il dominio del dollaro è in discussione?
Hong Cheng invita alla cautela: “Nonostante il calo, il ruolo del dollaro come valuta di riserva globale non svanirà da un giorno all’altro. Ma un lento spostamento strutturale verso altre valute è già iniziato”.
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